VICE - L'UOMO NELL'OMBRA // Recensione


Il 2019 cinematografico procede alla stragrande. I Golden Globes sono andati molto bene, a mio parere, e si stanno apparecchiando degli Oscar fantastici, con dei film che si prospettano molto interessanti. Fra questi ce n'era uno, che mi incuriosiva parecchio, soprattutto per via dell'attore protagonista e di cosa ha fatto per entrare nel ruolo. Armatomi della compagnia di nessuno (è il mio debutto in solitaria al cinema) sono andato a vedermi questo Vice

Non so bene come parlarvi di questo film. Le pellicole politiche non sono mai state il mio forte, ed è sempre un argomento molto delicato da trattare. Dico questo perchè il film ci racconta la storia di Dick Cheney, che è stato vice-presidente durante la carica di George W. Bush. E' uno dei politici più riservati di sempre, come ci ricorda il film, non molti lo conoscono, eppure nel grande domino della società contemporanea, lui è stato uno dei giocatori più potenti. Ad interpretarlo c'è Christian Bale, che, da buon Christian Bale, è ovviamente ingrassato apposta per il ruolo, arrivando a pesare sul centinaio di kg. Oltre la trasformazione corporea, la sua performance intensissima è una dei punti cardine del film, e gli ha guadagnato un Golden Globe. Meritato, aggiungerei: è una di quelle interpretazioni dove l'attore "scompare" dentro il personaggio. Un grandissimo lavoro. Anche gli altri del cast sono fantastici: Amy Adams interpreta Lynne, la moglie di Cheney, grossa spalla destra del marito, mentre Sam Rockwell è semplicemente splendido nell'interpretare George W. Bush. Le espressioni sono uguali, e riesce a far trapelare tutta l'idiozia che trasmetteva quel presidente. Idiozia al momento sbagliato:
il film si apre infatti con un forte messaggio. Durante la crisi dell'11 Settembre, nella Casa Bianca c'era tanto dolore. Tutti erano offuscati dalla paura, ma Cheney la vedeva, invece, come un'opportunità. 

Il film è strutturato in due parti: la prima, dove ripercorriamo un po' l'ascesa politica dell'uomo, la seconda dove vediamo i suoi trascorsi da vicepresidente, e le conseguenze (aggiungerei enormi) delle sue azioni. Il tutto è scandito da un tono sarcastico e da un montaggio incredibile, colmo di metafore e ironia (il film a un certo punto finisce e ricomincia. Letteralmente. Coi titoli di coda pure.), che magari a volte non si mescolavano molto bene al tono serio, soprattutto della seconda parte. Un'altra cosa che non mi ha entusiasmato è che le motivazioni di Cheney non sono molto chiare, però il film tenta di renderlo perlomeno un po' empatizzabile. Bellissimo anche l'elemento di narrazione, che colpisce, come non ci si aspetterebbe, sfondando anche la quarta barriera. 

Questo film farà incazzare molti, ma non c'è da negarne il valore cinematografico, che Adam McKay ha saputo inculcare benissimo, fondendo la pellicola con fatti storici che, specie verso la fine del film, fanno salire un'angoscia clamorosa, che viene subito però interrotta dalla frecciatina di turno, o dal montaggio tagliente.

Se vi piace il genere, è caldamente consigliato.

VOTO: 8/10

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Sto bollendo in pentola qualcosa di speciale per il Worst to Best 2018, che forse determinerà il futuro di questo blog, che potrebbe trasformarsi in qualcos'altro. Staremo a vedere.

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