Volevo parlare anche di qualche disco per la prima volta sul blog, ma non sapevo quale. Dopo mi sono ricordato di aver scritto una sorta di recensione/analisi sull'ultimo album di Caparezza, Prisoner 709, su Facebook. Quindi, dopo uno strepitoso concerto a Vasto dove ho avuto anche occasione di incontrarlo, e dopo un po' di riscoperta della sua musica, sono riuscito a comprendere che proprio Prisoner 709, a ormai quasi un anno di distanza, per me, è il suo disco migliore.
Michele o Caparezza? Aprirsi o chiudersi? Graffio o cicatrice? Sono tutte parole opposte formate da sette o nove lettere. Questa è la ricorrenza di ogni singolo brano all’interno di questo album. Ogni brano cerca di trovare un giusto equilibrio fra i due, a volte tendendo verso l’uno, a volte verso l’altro, come la copertina bianca e nera. E’ un album bipolare, dove Caparezza presenta canzoni da un sound familiare e totali innovazioni e stravolgimenti del suo modo di fare musica. Inoltre, ogni canzone rappresenta un momento della vita in prigione, che in questo caso è la prigione mentale dove l'artista si è rinchiuso.
1. Prosopagnosia | Capitolo: Il reato
(Michele o Caparezza)Il disco si apre con la canzone più tetra e angosciante dell’intero disco. Qui ci viene svelato il disagio e lo sconforto che prova Caparezza, ingabbiato sia dall’acufene che dal suo ruolo di rapper. Dice che “quando ascolto i miei coetanei mi sembrano più grandi”, indicandoci un suo dubbio: il rap, musica dei giovani, è ancora posto per un uomo quarantatreenne come lui? Caparezza è in preda a una crisi, non riesce più a scrivere, non sa più chi è. Il ritornello, cantato dalla guest star eccezionale John De Leo (andatevelo a cercare perchè fa paura), ribadisce proprio questo: “If I look at my face I don’t recognize it”, che è proprio la sorte di chi soffre di prosopagnosia: non riconoscere i volti.
(Michele o Caparezza)Il disco si apre con la canzone più tetra e angosciante dell’intero disco. Qui ci viene svelato il disagio e lo sconforto che prova Caparezza, ingabbiato sia dall’acufene che dal suo ruolo di rapper. Dice che “quando ascolto i miei coetanei mi sembrano più grandi”, indicandoci un suo dubbio: il rap, musica dei giovani, è ancora posto per un uomo quarantatreenne come lui? Caparezza è in preda a una crisi, non riesce più a scrivere, non sa più chi è. Il ritornello, cantato dalla guest star eccezionale John De Leo (andatevelo a cercare perchè fa paura), ribadisce proprio questo: “If I look at my face I don’t recognize it”, che è proprio la sorte di chi soffre di prosopagnosia: non riconoscere i volti.
La title-track è stata la prima traccia che è stata pubblicata, poco più di una settimana prima dell’uscita del disco. Una canzone fortemente industrial, cadenzata (guardacaso, di 79 BPM), che prosegue un po’ l’atmosfera cupa della traccia precedente. Caparezza si finge un disco, imprigionato fra i suoi simili, abbandonati a sè stessi perchè ormai più nessuno sceglie la copia fisica. Parte così un’ amplia critica al mercato musicale, sia per le label che per il pubblico. Nonostante la cupezza del brano, esso risulta molto orecchiabile grazie al coro che canta “Seven o Nine” con grande furia, quasi protesta, durante il ritornello.
4. Forever Jung | Capitolo: Lo psicologo (Guarire o Ammalarsi)
Questa canzone ha tratti decisamente più allegri, che si rifanno molto al disco precedente, Museica (nello specifico Giotto Beat ed E’ Tardi). E’ una riflessione su come il rap sia “psicoterapia”, come ce la definisce Caparezza. E via, con analogie fra la psicanalisi e l’hip-hop, passando per analizzare la personalità di chi lo fa, fino a dichiarare che i veri padri fondatori sono, appunto, Jung e Freud, gli psicanalisti per eccellenza. Chiude il brano una strofa di DMC, uno degli idoli di Caparezza, che appunto, ricorda molto la parte di Michael Franti in “E’ Tardi”. Un bel pezzo leggero e orecchiabile dopo tre tracce abbastanza pesanti.
Questa canzone ha tratti decisamente più allegri, che si rifanno molto al disco precedente, Museica (nello specifico Giotto Beat ed E’ Tardi). E’ una riflessione su come il rap sia “psicoterapia”, come ce la definisce Caparezza. E via, con analogie fra la psicanalisi e l’hip-hop, passando per analizzare la personalità di chi lo fa, fino a dichiarare che i veri padri fondatori sono, appunto, Jung e Freud, gli psicanalisti per eccellenza. Chiude il brano una strofa di DMC, uno degli idoli di Caparezza, che appunto, ricorda molto la parte di Michael Franti in “E’ Tardi”. Un bel pezzo leggero e orecchiabile dopo tre tracce abbastanza pesanti.
L’analisi interiore continua con la questione religiosa. Caparezza si crede un tipo spirituale, ha bisogno di colmare questo vuoto dentro di lui. Per buona parte del pezzo cerca una risposta, cerca una fede, sperimentandole tutte assieme. Il ritornello è un accumulo di termini religiosi provenienti da tutto il mondo, ed entra subito nella testa. Qui Capa “segue tutte le religioni”, solo per realizzare alla fine del testo che sono solo “nuove barriere, nuove prigioni” e decide di seguirne una nuova, una unica religione senza dèi, che si pone quesiti ma che allo stesso tempo non risponde: il confusianesimo. Stupendo il coro finale.
6. Il Testo che Avrei Voluto Scrivere | Capitolo: La Lettera (Romanzo o Biografia)
Virtuosismi e una carica rock eseguita in un modo egregio dalle “Ortiche” (la band di Caparezza, che in questo disco più che mai dà il meglio di sè - peccato solo per l’assenza del co-vocalist Diego Perrone) sono i pilastri portanti di questo brano, che mi ricorda molto il quarto album, Le Dimensioni Del Mio Caos. Il testo parla, appunto, del testo che Caparezza vorrebbe scrivere, un testo talmente geniale da scatenare guerre, epocale, pieno di citazioni, maturo. Si ritorna sul tema della sua insoddisfazione, con Capa che letteralmente si ferma a metà frase per riformularla meglio. Tantissima carica e divertimento per questo pezzo, anche questo fra i miei preferiti.
7. Una Chiave | Capitolo: Il Colloquio (Aprirsi o Chiudersi)
Fra tutti i pezzi fin’ora, nessuno di questi possiede la potenza di “Una Chiave”. Ritorna quella velata malinconia, ma che diventa più ottimista in questo brano. Qui Caparezza dialoga con il sè stesso del passato, in preda ad una crisi personale. Lo incita e lo conforta, dicendogli che “Non è vero che non c’è una chiave”. Questa impostazione del brano viene anche trasmessa all’ascoltatore che si immedesima, ed è come se stesse ascoltando un sè stesso del futuro, un futuro migliore, che lo tranquillizza e lo fa sentire compreso. E’ estremamente toccante e profondo. Una vera e propria perla, non solo nell’album ma direi in tutta la discografia di Capa.
Fra tutti i pezzi fin’ora, nessuno di questi possiede la potenza di “Una Chiave”. Ritorna quella velata malinconia, ma che diventa più ottimista in questo brano. Qui Caparezza dialoga con il sè stesso del passato, in preda ad una crisi personale. Lo incita e lo conforta, dicendogli che “Non è vero che non c’è una chiave”. Questa impostazione del brano viene anche trasmessa all’ascoltatore che si immedesima, ed è come se stesse ascoltando un sè stesso del futuro, un futuro migliore, che lo tranquillizza e lo fa sentire compreso. E’ estremamente toccante e profondo. Una vera e propria perla, non solo nell’album ma direi in tutta la discografia di Capa.
9. Migliora la Tua Memoria con un Click |Capitolo: Il Flashback (Ricorda o Dimentica)
Tocca ad Habemus Capa per la serie “questo pezzo mi ricorda..”. Un groove fantastico su un sintetizzatore orecchiabile e dance. Il pezzo (credo - devo ancora decifrarlo per bene) è una critica al fatto che ormai la memoria non serve più a nulla, ci sono smartphone e PC a fare il lavoro per noi. E così che Caparezza fa “click” su questo file che gli ricorda la sua personalità, il suo modo di pensare, soprattutto rapportato al mondo di oggi. E ci sono degli stupendi spunti di riflessione in tutto il brano, nel quale personalmente mi ritrovo alla grande. Max Gazzè fa una comparsa nel ritornello, azzeccatissimo per il suo tipo di voce. L’ennesimo pezzo preferito.
Tocca ad Habemus Capa per la serie “questo pezzo mi ricorda..”. Un groove fantastico su un sintetizzatore orecchiabile e dance. Il pezzo (credo - devo ancora decifrarlo per bene) è una critica al fatto che ormai la memoria non serve più a nulla, ci sono smartphone e PC a fare il lavoro per noi. E così che Caparezza fa “click” su questo file che gli ricorda la sua personalità, il suo modo di pensare, soprattutto rapportato al mondo di oggi. E ci sono degli stupendi spunti di riflessione in tutto il brano, nel quale personalmente mi ritrovo alla grande. Max Gazzè fa una comparsa nel ritornello, azzeccatissimo per il suo tipo di voce. L’ennesimo pezzo preferito.
11. Sogno di Potere | Capitolo: La Rivolta (Servire o Comandare)
Mega-groove da gangsta rap americano, testo su come Caparezza gestirebbe il potere, cioè comunque in un modo eccentrico e non affatto adatto ad un uomo potente. Infatti il suo non è un “Sogno di potere”, ma un “Sogno di potere andare via”. Fra i più divertenti da cantare in tutto l'album (e dal vivo funge da chiusura dei concerti, in modo ineccepibile. Ormai è un inno sta canzone.)
Mega-groove da gangsta rap americano, testo su come Caparezza gestirebbe il potere, cioè comunque in un modo eccentrico e non affatto adatto ad un uomo potente. Infatti il suo non è un “Sogno di potere”, ma un “Sogno di potere andare via”. Fra i più divertenti da cantare in tutto l'album (e dal vivo funge da chiusura dei concerti, in modo ineccepibile. Ormai è un inno sta canzone.)
12. L’Uomo che Premette | Capitolo: La Guardia (Innocuo o Criminale)Un altro pezzo rock, con un testo che critica sui tipici individui che dichiarano "premetto che.." seguito da un fantastico "PERO'": “L’uomo che premette”, cioè una persona che sa argomentarsi, rispetta ed è educato nei confronti degli altri, diventa “L’uomo che premette il grilletto”, cioè un molesto, populista, ignorante e tordo. Appena avviene il cambio di “personalità”, si torna poi all’altro, e il pezzo va veloce, lasciandoti senza fiato e “schiacciato” fra le due parti. Degno di nota è il bridge con quei synth anni '80, perfetti in ogni loro aspetto, e che fungono da tappeto per un crescendo colmo di rabbia. (Durante il concerto so partiti i moshpit, per farvi capire.)
14. L’Infinto | Capitolo: La Finestra (Persone o Programmi)
Caparezza si chiede: ma con tutta questa tecnologia, possiamo ancora essere considerati reali? Chiaro che no, siamo tutti frutto di un esperimento alieno. La base elettronica (che ogni tanto sfocia in polka e in opera) e frenetica accompagna questo testo furioso sulla rete, applicazioni, su come tutto ciò ha cancellato molto di quello che era vero, concreto, rendendoci completamente finti. La cosa interessante del pezzo è che cita alcune poesie famose adattandole al contesto della “finzione”. Ricorda vagamente le atmosfere di Verità Supposte. Un brano divertentissimo e che fa abbastanza riflettere.
Caparezza si chiede: ma con tutta questa tecnologia, possiamo ancora essere considerati reali? Chiaro che no, siamo tutti frutto di un esperimento alieno. La base elettronica (che ogni tanto sfocia in polka e in opera) e frenetica accompagna questo testo furioso sulla rete, applicazioni, su come tutto ciò ha cancellato molto di quello che era vero, concreto, rendendoci completamente finti. La cosa interessante del pezzo è che cita alcune poesie famose adattandole al contesto della “finzione”. Ricorda vagamente le atmosfere di Verità Supposte. Un brano divertentissimo e che fa abbastanza riflettere.
...ed ora?
16. Prosopagno sia! | Capitolo: La Latitanza (Libertà o Prigionia)
Il disco si chiude in modo circolare: la prima traccia viene ripetuta, ma con un arrangiamento nettamente più positivo, funky (il basso sta in prima linea qui), con solamente il ritornello cantato a ripetizioni, senza strofe. Dopo il viaggio interiore, Caparezza ha compreso quali sono i suoi drammi, pensieri, preoccupazioni interiori, ed ora che lo sa, non gli resta altro che accettarli e conviverci. O meglio, nel caso suo, sfruttare tutto ciò per farci un disco strepitoso. Nella vesione CD del disco segue una ghost track, che se decifrata compone un’immagine di una lettera, composta da varie citazioni di tutto l’album. Una chicca imperdibile.
Il disco si chiude in modo circolare: la prima traccia viene ripetuta, ma con un arrangiamento nettamente più positivo, funky (il basso sta in prima linea qui), con solamente il ritornello cantato a ripetizioni, senza strofe. Dopo il viaggio interiore, Caparezza ha compreso quali sono i suoi drammi, pensieri, preoccupazioni interiori, ed ora che lo sa, non gli resta altro che accettarli e conviverci. O meglio, nel caso suo, sfruttare tutto ciò per farci un disco strepitoso. Nella vesione CD del disco segue una ghost track, che se decifrata compone un’immagine di una lettera, composta da varie citazioni di tutto l’album. Una chicca imperdibile.
In conclusione
Prisoner 709 è l’album più completo, complesso e maturo di Caparezza. Questa volta ha davvero dato il meglio di sè, donandoci la sua storia, con musica impeccabile, un sound originalissimo, che cresce assieme a lui, e, allo stesso tempo, assieme a me e a tutti quelli che lo ascoltano. Ecco perchè ogni volta che esce un suo disco, è festa. E’ semplicemente un artista completo e geniale. Questo album tocca vette emotive che la sua musica non ha mai avuto prima e porta un peso psicologico e introspettivo estremamente evidente: tutto ciò lo rende un'esperienza catartica che mi ha accompagnato durante quest'anno della mia vita. Il suo album migliore.
Prisoner 709 è l’album più completo, complesso e maturo di Caparezza. Questa volta ha davvero dato il meglio di sè, donandoci la sua storia, con musica impeccabile, un sound originalissimo, che cresce assieme a lui, e, allo stesso tempo, assieme a me e a tutti quelli che lo ascoltano. Ecco perchè ogni volta che esce un suo disco, è festa. E’ semplicemente un artista completo e geniale. Questo album tocca vette emotive che la sua musica non ha mai avuto prima e porta un peso psicologico e introspettivo estremamente evidente: tutto ciò lo rende un'esperienza catartica che mi ha accompagnato durante quest'anno della mia vita. Il suo album migliore.
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