LA FAVORITA // Recensione


Fra i film che mi incuriosivano di più, c'era l'ultimo di Yorgos Lanthimos, La Favorita. Curiosità spinta dall'enorme particolarità del regista in questione, autore di pellicole stranissime e uniche come The Lobster, Dogtooth e Il Sacrificio del Cervo Sacro, dove il realismo di base era adornato da un surrealismo disturbante e a tratti stranamente comico. Inoltre la presenza di Emma Stone nel cast ha giocato un grosso ruolo nel fomentare questa curiosità, cui fiamma è stata ufficialmente enormizzata quando lo hanno nominato ben dieci volte per gli Oscar. Un po' spaventato da ciò che mi avrebbe aspettato (nel senso buono), mi sono incamminato in sala.

Questo è il tipico film che mentre si guarda non si reisce a inquadrare, ma che ripensandoci dopo, si comprende tutta la sua grandezza. La storia è ambientata nell'Inghilterra del 18esimo secolo, quando al governo c'era la regina Anna, sovrano alquanto bizzarro e inadequato: malata di gotta, svogliata nel governare, Anna diventa una sorta di joystick reale, che controlla il paese attraverso il volere degli altri, una su tutte lady Sarah Marlborough, sua consigliera e vicinissima amica. L'arrivo a corte di Abigail smuoverà le acque in modo inaspettato. Ora, io non vi voglio rilevare assolutamente nient'altro della trama perchè è un film magnifico da scoprire pian piano. 

La pellicola è un grande contenitore di esecuzione da paura: la regia è la migliore che io abbia visto da Lanthimos fin'ora: sempre di matrice Kubrickiana (e qui i paragoni con Barry Lyndon sarebbero parecchi da fare), ma che riesce quasi a "svestire" la grazia dalle ambientazioni regali della storia, grazie anche all'uso di lenti a grandissimo angolo, stile fisheye (unica pecca del film secondo me, distraeva un po' a volte).  La sceneggiatura, assieme alle performance, sono il vero punto cardine del film: una lotta per il potere insidiosa, dove lo spettatore è costretto a schierarsi da diverse parti grazie all'evoluzione di questi personaggi, affrontata in modo ottimale, per arrivare a un finale crudo ed amarissimo. Emma Stone, Olivia Colman e Rachel Weisz (tutte e tre nominate agli Oscar) hanno fatto un lavoro semplicemente grandioso: si percepisce tutta la complessità dei loro personaggi che potrebbero essere troppo seri, o troppo caricaturiali, ma che trovano il perfetto bilancio, un po' come il tono del film stesso: le risate non mancano, ma la tensione è altissima, e l'imprevedibilità pure. La serietà storica è tinta di alcune esagerazioni che mirano al comico ma che sono un po' il riflesso dell'aristocrazia, che decide per le vite di milioni, mentre tirano melograni, fanno gareggiare oche e si sollazzano in bagni di fango dall'alto dei loro troni. Non vediamo infatti neanche un minimo straccio di popolo, nè di guerra, il film è interamente ambientato a corte (eccetto per un paio di scene) proprio per evidenziare tutto questo. Buttateci in mezzo nche un montaggio molto ispirato (che è un po' il protagonista della scena finale), ed ecco un film che,come ho detto, può confondere, ma che è una pellicola avvincente e molto diversa dal resto della filmografia di Lanthimos, in senso buono: il tono propositamente "smorto" degli attori non c'è. La fotografia è molto colorata, specie grazie questi finestroni del palazzo, alla luce delle candele e al verde sgargiante della natura. Le ambientazioni e i costumi sono tutti ottimi, così come la colonna sonora: minimalista, ma che sa come far crescere la tensione.

Insomma, un ottimo film, che rappresenta un po' un punto di svolta per Lanthimos e che riaccende le mie speranze per gli Oscar: perlomeno hanno saputo riconoscere il valore di questa pellicola. Però niente Suspiria è un crimine. E no, me la porterò nella tomba questa cosa.

VOTO: 9/10


Commenti