L'ultimo film visto al cinema in quest'anno sarebbe stato un lungometraggio animato su Spider-Man, dove sei versione alternative del personaggio si sarebbero unite in un'unica storia. Sembrava assurdo: un progetto tanto ambizioso quanto a sentire ridicolo, in più un ennesimo re-boot dell'Uomo Ragno sul grande schermo-la premessa di questo film lasciava perplessi.
Io, Sorrentino e una gnu entri delle compangnie cinemelle Merigèi, siamo entrati in sala circondati da bambini, ragazzi, adulti, da chiunque. Ho pure riconosciuto alcune persone ma non ero sicuro e non le ho salutate ed ora pensano che le odio.
Fin dai titoli di testa, questo film è come iniettarsi una scarica di adrenalina, elettricità e anche qualche allucinogeno dritti nel braccio. Lo stile d'animazione è qualcosa di unico, ed è uno spettacolo visivo incredibile: sembra un fumetto colorato, che si muove, con personaggi in tre dimensioni. E' uno stile mutabile, che consente a tantissimi giochi di luce e che usa una regia che è fra le regie più "realistiche" che io abbia mai visto in qualsiasi film d'animazione. Uniamoli alle musiche, cui generi sono distribuiti fra il rap moderno e la musica classica da cinecomic, e già il lato tecnico si guadagna ogni voto guadagnabile, per quanto mi riguarda.
Buttateci dentro anche tanta sostanza: ogni incarnazione di Spider-Man è ben caratterizzata, ognuno ha i suoi obbiettivi, le sue paure, le sue forze e debolezze, anche i personaggi un po' più stupidi. Questo film porta un bel peso sulla coscienza, cioè far fare il cambio di stagione ad un franchising che ormai ha sfruttato il personaggio di Peter Parker fino allo sfinimento, seppur ogni versione sia uscita fuori decentemente, più o meno. Ecco quindi Miles Morales, personaggio tratto dalla serie Ultimate dell'Uomo Ragno, che qui è il nostro nuovo protagonista, il successore di un titolo assai importante nell'immaginario collettivo, ed il film riesce a convincerci che lui può funzionare. Ogni altro personaggio è ottimo, sottolineo un fantastico lavoro su Peter B. Parker, lo Spidey ormai adulto e un po' trasandato, divertentissimo ed autoironico (qua rasentiamo i livelli di Deadpool veramente) e che nasconde più di un velo di malinconia.
Anche i villain sono ottimi, il design di Kingpin, che io e Sorrentino abbiamo denominato PINGUE (da pronunciare con tre accenti sulla i ed enfasi sulla P), e la sua storia, seppur brevemente accennata, sono fantastici, così come il resto della cricca (e quando è apparso un certo antagonista, ho urlato. No spoiler ma, è una scena che riguarda un computer, ecco.). Abbiamo innumerevoli tributi, al mondo di SpiderMan, al cinema, alla cultura pop, e tristemente anche il cameo di Stan Lee, che non vi nascondo mi ha regalato un "bel" tuffo al cuore.
Insomma, il film è consigliato? No, il film è obbligato. Verrò a prelevarvi uno per uno a casa vostra offrendovi biglietti, se non lo andate a vedere. Come disse Sorrentino dopo la visione "E' proprio un ventilatore di aria fresca", e come ho pensato per tutta la durata della pellicola, questo film ha un difetto: finisce. (avrei voluto anche un po' più di approfondimento di certi personaggi secondari, ma tutto sommato, va benissimo così.)
Into the Spiderverse si aggiunge alla rosa dei film d'intrattenimento top-quality del 2018. Anzi, di sempre.
Un must.
VOTO: 9.5/10
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