Questo album era molto atteso. Sia dal sottoscritto che dalla famigerata "skeleton clique", che in generale da chi ha apprezzato un minimo il precedente Blurryface.
Ieri è uscito Trench, il quarto (o quinto, dipende dai punti di vista) disco dei Twenty One Pilots, duo americano poprockrapreggaegenerimescolativarichebelliebravi. Sono stati innanzitutto bravissimi nel costruire un'atmosfera alquanto "mitologica" attorno all'album, pubblicando su un sito quello che sembrava la parte di un universo distopico - poi quando uscirono Jumpsuit e Nico and The Niners, con i rispettivi video, abbiamo visto la storia prendere forma, con gli ormai iconici nastri adesivi gialli e le torce dei ribelli. E' stato bello poter assistere a questo tipo di promozione, che non è mai scontata per un album, e ci sono riusciti in pieno, complimenti.
Ma la sostanza alla fine?
La sostanza è un album che è l'approdo e la conclusione logica del discorso che hanno cominciato con Vessel. Se quel disco era il tramonto, bellissimo e poetico, ma con un senso di inquietudine portato dall'arrivo del buio, cioè Blurryface - la notte, che esplorava i meandri della negatività e del malessere, Trench è una torcia luminosissima cui fiamma alimenterà pian piano l'alba, portandoci a un nuovo giorno. Secondo me rappresenterà il primo vero grosso spartiacque della carriera dei Twenty One Pilots, e acquisterà una bell'importanza, a lungo andare, ma è un presentimento. Non posso saperlo. Non sono veggente.
L'album è prodotto da Tyler Joseph con l'aiuto di Paul Meany, che ha contribuito anche alla stesura di alcuni brani. Questa cosa mi da leggermente fastidio, non sono d'accordo con questo approccio di scrittura, ma hey, le canzoni uscite fuori sono ottime, quindi farei meglio a stare zitto. Anche perchè i suoni sono allucinanti, ben pensati, ben eseguiti e calibrati alla perfezione. Se gli album precedenti erano incentrati sull'imprevedibilità delle strutture dei pezzi, che rallentavano, poi riprendevano, cambiavano genere repentinamente, qui è tutto più coerente. Il sound rimane costante in ogni brano e viene sviscerato per regalarci delle ottime canzoni. Buttiamoci a capofitto dentro a 'sto disco:
JUMPSUIT
Ad aprire le danze abbiamo questo pezzo che ormai conoscevamo bene da mesi. Jumpsuit è una carezza violenta - il basso distorto e il groove di Josh Dun si alternano a momenti di quiete e di rassicurazione.
I'll be right there, canta Tyler, quasi coccolandoci con la sua voce sottile, che poi in un crescendo si tramuterà in uno scream spiazzante. Jumpsuit vuole motivarci a non arrenderci mai, e lo fa bene. Dopo averla sentita ti senti imbattibile.
LEVITATE
Dopo la motivante traccia d'apertura, abbiamo una festa. Levitate in due minuti di rap incessante e un testo trionfante (che fa persino riferimento a Car Radio) è una celebrazione del punto d'arrivo, della vittoria della luce contro il buio. Un po' presto per dirlo vero? Anche Tyler lo dice nel testo, non preoccupatevi, tutto sotto controllo.
MORPH
Morph calma un po' le acque dopo la spinta sull'accelleratore iniziale. Il pezzo si presenta come un bel pezzo pacato, dalle sonorita lounge, quasi jazzistiche, e l'uso di falsetto. Il testo tratta di come sfuggire dai propri demoni o dalla propria morte. Spirituale o fisica.
MY BLOOD
Con un riff di batteria (e sì, esistono secondo me) My Blood è un inno alle persone a cui teniamo di più che saranno sempre al nostro fianco che siano amici, amori o anche sè stessi. Il pezzo è il più commerciale fin'ora, e credo farà abbastanza successo. Bellissimi i synth anni '80 verso la fine.
CHLORINE
Fra le mie preferite in assoluto, questa canzone è orecchiabile e devo dire molto gustosa. Come il cloro che Tyler dice che sta sorseggiando, nel testo. Credo che in questo pezzo ci sia un ritorno delle tentazioni suicide del protagonista, ma che le capisca meglio e che di conseguenza sappia riconoscere la loro nocività e tossicità - ergo I'm just a chemical . La canzone sul finale cambia totalmente e diventa quasi onirica, acquisendo anche un bel po' di emotività. Ottima davvero.
SMITHEREENS
Ogni volta che parte sta canzone penso ci sia un errore perchè è uguale a Futurism dei Muse, ma comunque. Smithereens è allegra, scritta in maggiore, molto dolce ed è sicuramente rivolta alla moglie di Tyler, Jenna. E' un po' la Tear in My Heart dell'album. Caruccia, ma sinceramente preferisco quell'altra.
NEON GRAVESTONES
Bellissima e semplice riflessione su come si tende a glorificare i suicidi. La canzone è molto simile allo stile del primo album, solo che prodotto in modo eccelso. Il testo è il migliore di tutto l'album, e scatena grosse riflessione sulla gratitudine, sul significato della morte e sulla mancanza. Magnifica.
Find your grandparents or someone of age
Pay some respect for the path that they paved
To life, they were dedicated
Now that should be celebrated
Dopo il caso di Thirteen Reasons Why, questa canzone serviva tantissimo. Sento anche il peso della morte di Cheser Bennington e di Chris Cornell.
THE HYPE
Questa canzone parte come una versione un po' malinconica di Wonderwall degli Oasis. E' uguale. Poi verso la fine, abbiamo l'introduzione dell'ormai classico ukulele, che porta un po' più di spirito nella canzone. Il testo parla di passare sopra alle aspettative che gli altri hanno su di te, perchè tanto andrà tutto bene. Molto semplice, ma funziona tantissimo.
NICO AND THE NINERS
Altro singolo, un po' più da Blurryface, ma non vuol dire che non funzioni. Questo è un po' l'inno dei Banditos, il gruppo di ribelli che combatte i vescovi. La canzone si caratterizza per una elevata orecchiabilità e un groove batteria-basso che ti cattura. Il rap a metà, su base riprodotta all'inverso, è geniale.
CUT MY LIP
Abbiamo avuto la pesantezza, abbiamo avuto la ballad strappalacrime, l'ukulele pure - manca il pezzo reggae. Eccolo qui. Nonostante sia molto carino e valido, lo reputo quello che mi piace di meno di tutto l'album. Tyler qui si confronta con la verità: non riesce a smettere di farsi del male ma sa anche di essere coraggioso perchè lo ha sempre affrontato senza arrendersi. La produzione dopo il terzo ritornello mi regala grosse emozioni però. Quei cavolo di synth.
BANDITO
Bandito raccoglie un po' tutto il significato dell'album. Trench, infatti, è letteralmente "trincea", il posto fra DEMA (la città dei vescovi - ergo la depressione) e il mondo reale. Vediamo molto più controllo rispetto ai pensieri negativi, ma li vediamo anche riemergere, perchè è una fase di transizione, necessaria però a fuggire. Bandito è splendida, un'altra ballad emozionante cui peso si sente.
I'm a bandito
Tyler si incoraggia ad affrontare la sua trincea, e a cercare di uscirne vivo.
PET CHEETAH
Altro piccolo gioiellino, Pet Cheetah affronta il blocco dello scrittore. Il cucciolo di leopardo del titolo è la creatività di Tyler, che ha allenato ed ora sa usare talmente bene, da essere sicuro di sè. E diamine se si nota: in questo pezzo più di ogni altro c'è un rap aggressivo, e un beat con un groove allucinante, dal vivo questa spaccherà - e credo che darà occasione a Josh di sfogarsi un pochino.
LEGEND
Canzone che sembra uscita da Vessel, è un canto del cigno per il nonno di Tyler, morto recentemente. Più che essere triste e deprimente, è molto allegra ma non senza un velo di malinconia (proprio come veniva incoraggiato in Neon Gravestones). Dal primo ascolto una delle mie preferite, il testo tocca alcuni tasti davvero difficili da ammettere.
LEAVE THE CITY
La riflessione finale è che Tyler non ancora riesce a scappare, ma non se la da vinta. La canzone è molto dinamica, con vari crescendo e cori emozionanti - non riesce però secondo me a toccare le chiusure precedenti di Goner e Truce (di cui tra l'altro ci sono riferimenti nel testo).
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In conclusione, Trench è un ottimo album, che spiazza per la relativa assenza di "varietà", ma che una volta inquadrato, sa regalare emozioni fortissime, proprio come il resto dei dischi dei Twenty One Pilots, che si meritano tutto il successo che hanno.
Un piccolo appunto è che sento poco presente il caro Josh Dun. I groove ci sono in un paio di momenti ma avrei preferito un suono di batteria un po' meno elaborato e più realistico, renderebbe il tutto più organico, e forse eleverebbe Trench ancora più in alto, almeno secondo me. Per il resto, complimenti per l'ottimo lavoro.
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In conclusione, Trench è un ottimo album, che spiazza per la relativa assenza di "varietà", ma che una volta inquadrato, sa regalare emozioni fortissime, proprio come il resto dei dischi dei Twenty One Pilots, che si meritano tutto il successo che hanno.
Un piccolo appunto è che sento poco presente il caro Josh Dun. I groove ci sono in un paio di momenti ma avrei preferito un suono di batteria un po' meno elaborato e più realistico, renderebbe il tutto più organico, e forse eleverebbe Trench ancora più in alto, almeno secondo me. Per il resto, complimenti per l'ottimo lavoro.
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