7 SCONOSCIUTI A EL ROYALE // Recensione


Questo era uno di quei film che, guardando il trailer ho pensato "dev'essere caruccio". Drew Goddard ha persino diretto Quella Casa nel Bosco, un ottimo film meta-horror, quindi mi fidavo abbastanza. Ma mi ha spiazzato completamente.

7 Sconosciuti a El Royale è una gigante bistecca cotta à-la Tarantino, con un retrogusto socio-politico non indifferente. E' un film dove si tenta di raccontare l'umanità attraverso questo spaccato negli anni '70, ma che alla fine racconta di una verità millenaria e immortale: la natura violenta dell'uomo.

In un hotel a cavallo fra California e Nevada, entriamo a contatto con molteplici personaggi che si ritrovano a pernottare in questo luogo, stranamente semi-abbandonato, ma comunque aperto. C'è padre Flynn, interpretato da un sublime Jeff Bridges - delle interpretazioni sue, questa è la mia preferita -, un prete che vede la sua vita sgretolarsi davanti alle difficoltà della vecchiaia, poi c'è Darlene, interpretata da Cynthia Erivo, una cantante in cerca di riconoscimento. Emily è una sospettosa ragazza, interpretata da Dakota Johnson (prima volta che la vedo al di fuori di Cinquanta Sfumature di Grigio, e non c'è affatto male). John Hamm è un misogeno venditore di aspirapolveri, mentre il garzoncello dell'hotel è interpretato da Lewis Pullman, un simil-Tom Holland, ma che promette tanto bene.

Le motivazioni e i caratteri dei personaggi ci vengono presentati in modo molto chiaro e spesso senza bisogno di molte parole: questo è infatti un film che parla molto di più per immagini. E che immagini: regia, fotografia e montaggio sono perfetti. Dinamicissimi e cangianti, si accordano a ciò di cui la scena ha bisogno senza mai sbafare di un secondo. Notevole anche la colonna sonora, ricca di canzoni dell'epoca, soprattutto per quanto riguarda un certo pezzo dei Deep Purple che dona un certo non so che ad una delle scene più importanti e d'impatto nel film. 

Ragazzi, se vi piace Tarantino, potete benissimo andare certi che amerete questo film. E' una versione anni '70 di The Hateful Eight, ma fatta meglio (a me quel film non è piaciuto). Ci sono moltissimi elementi della sua poetica: i dialoghi molto dilatati, l'uso di piano sequenza, la narrazione discontinua, i flashback. Aggiungeteci anche dei significati allegorici di cui questo film è pregno (e qui il personaggio di Chris Hemsworth è centrale, ma non voglio rovinarvelo. Sappiate solo che anche lui qui ha dato il meglio di sè, non me lo aspettavo) e avrete una pellicola davvero completa. 

L'unica pecca che ci ho trovato è stata una scelta di sceneggiatura un po' frettolosa, ma che tutto sommato rientra nella psicologia del personaggio che la interpreta, anche se mi ha fatto un po' storcere il naso. 

Correte a vedere questo film, se volete passare una serata all'insegna dell'imprevedibilità e del peccato umano.

VOTO: 8.5

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